• …neve dalle fiamme

    12 luglio 2012
    Stasera ho un impegno alle 22.30.Frequento abitualmente la Palestra, ma scopro solo indirettamente che, alle 21.00, c’è una performance (così mi viene presentata) e mi viene proposto di andarci. Arriviamo senza che io abbia idea di cosa sarà (penso a un’esibizione di qi gong e yoga e poi al saluto di fine anno con cibo e bevande). Prima sorpresa: c’è tantissima gente, ma io non conosco quasi nessuno. Interessante.
    Seconda sorpresa: strumenti non abituali all’interno del dojo. Due leggii, una tastiera, due oggetti che penzolano dalla trave del soffitto, coperti da un drappo nero.
    Mi accomodo. A causa di un piccolo infortunio sono seduto su uno sgabello. Gli altri spettatori tutti a terra. Godo di una visuale privilegiata: diretta su chi eseguirà la performance e soprastante rispetto al piccolo mare di teste degli altri presenti. Sono in condizione di percepire al meglio ciò che ho intorno.Si comincia. Continuo a sentirmi come una tabula rasa rispetto a ciò che accadrà, ma conosco bene i due protagonisti e mi aspetto di vedere cose che, almeno in termini generali, conosco. Parte l’accompagnamento musicale. Immobili i due protagonisti.
    Lui è davanti, lei dietro. Entrambi in piedi. Un momento pieno. Grande carica di energia accumulata da parte di lui e ritrasmessa al pubblico che ammutolisce.
    Lui comincia a muoversi, facendo precedere il movimento da una frase.
    Ho capito: è il nome della tecnica di qi gong e la sua dimostrazione.
    Non ho capito nulla.
    La sequenza continua, la conosco bene, ma faccio fatica a concentrarmi sulla gestualità perché è accompagnata dalle parole di un testo poetico – da lui declamata mentre esegue le tecniche – che mi è ignota, ma che sembra ritagliata apposta su quei movimenti antichi (o viceversa) e che agisce da collante di tutto, trasformando ed esaltando il senso della corporeità. Continua anche la musica.
    Si alternano e si fondono lentezza e velocità, morbidezza e durezza, quiete e lampo.
    Cadono (aiutati da una mano gentile) i drappi.
    Sono immagini. Anch’esse si amalgamano spontaneamente con tutto il resto.
    E’ uno spettacolo che affascina e ipnotizza.
    E’ arrivata l’ultima esplosione di energia. Torna la calma.
    Respiriamo tutti senza commentare e senza guardarci intorno.
    Comincia lei.
    I movimenti dello yoga sembrano sfidare le possibilità articolari.
    L’esecuzione è morbida. Sembra priva di sforzo alcuno.
    La musica accompagna tutto questo.
    Continua anche la poesia. Braccia, gambe, corpo e spirito si mescolano e interpretano incredibilmente le parole.
    La poesia trova una perfetta traduzione corporea.
    Ancora lo stupore di ciò che non ti aspettavi, ma che è perfettamente naturale e il piacere di essere lì sono le sensazioni che, senza essere comunicate, passano di persona in persona e creano una dimensione unitaria e unica con loro e con l’ambiente che, a sua volta, esprime tutti gli anni in cui è stato testimone di fatica, sudore, gioia, tristezza, ma soprattutto di crescita e di ricerca.
    Ora sono entrambi fermi.Completano la lettura e l’interpretazione della poesia.
    La musica li segue sempre.
    E’ arrivato il momento del saluto tra loro, al pubblico e al Dojo.
    E’ davvero un tutt’uno.
    So di aver assistito a un evento che riterrei incredibile se non fosse stato eseguito in un Luogo che, con le sue connotazioni magiche, lo rende un tassello consequenziale di un percorso pluriennale che riserverà altre occasioni speciali. Sono felice.